La freccia e il cerchio
anno 8, numero 8, 2021
pp. 13-16
1.
la conversazione / the conversation
Massimo Capaccioli, Bruno Moroncini
Oltre il nemico: compiere una scelta
I. Riconoscersi
MORONCINI
Nemico/ospite: partiamo dal fondamento filologico di questo concetto. Ne parla Émile Benveniste, grande linguista novecentesco, in un famoso libro, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee. Benveniste ricostruisce le trasformazioni linguistiche della coppia di termini xenos e filos in greco – il nemico o lo straniero e l’amico, ma filos vuol dire anche ‘ospite’ secondo Benveniste – e della coppia hostis e hospes in latino, che pur significando qualcosa di opposto, e cioè il nemico e l’ospite, in realtà derivano l’uno dall’altro. In origine, dunque, in entrambe le lingue antiche, hostis vuol dire, appunto, ‘ospite’.
CAPACCIOLI
Un affratellamento ambiguo. Non lo sapevo e, devo dire, non me lo aspettavo. Il nemico e l’ospite per me hanno valori, oltre che significati, profondamente diversi. È interessante la radice etimologica, che certo ha motivazioni antropologiche profonde, ma ricordo che l’ospitalità rappresenta proprio quella condizione nella quale un individuo rinuncia all’ostilità. L’ospite è sacro, l’ospite è garantito. Sei mio ospite, non ti capiterà nulla, né ti farò nulla di male anche se avrei voglia di farlo.
MORONCINI
Una precisa scelta.
CAPACCIOLI
Delle volte si tratta anche di un’astuzia tentata, di un rifugio. Io mi ‘consegno’ come ospite e provo a salvarmi la pelle.
MORONCINI
Ciò che affermi non è in contraddizione con l’analisi di Benveniste. La ricostruzione etimologica dei termini ci dice che poiché l’ospite è una figura doppia – ospite è sia colui che accoglie sia colui che viene accolto – quest’ultimo, in origine, poteva anche avere il carattere dell’estraneo, dello straniero, forse del nemico. Alla fine c’è un processo attraverso il quale chi originariamente si presenta o è di fatto il nemico, può essere alla lettera ‘addomesticato’, ricondotto alla sfera dell’amico. Ovviamente il nemico che poi diventa ospite conserva comunque un tratto di alterità, in qualche misura radicale. Per cui questa dialettica tra amico e nemico viene conservata, nonostante il fatto che i nemici di ieri possano anche diventare gli amici di oggi.
CAPACCIOLI
Comunque nel territorio della scienza ha poco senso parlare di amicizia e inimicizia. È una dialettica che non si pone. La scienza, in quanto tale, non riconosce il nemico, né si riconosce come nemico; non è né buona né cattiva: è conoscenza. È un’esigenza dell’uomo, una di quelle cose che lo distinguono dall’animale. È una forma di curiosità, in qualche modo innata e tesa al bene perché protesa ad acquisire sapere, anche se poi evolvendo in applicazione, in tecnologia, può sì apparirci buona o cattiva. Prendiamo l’energia nucleare: la pura conoscenza delle proprietà del nucleo atomico può essere utilizzata a fin di bene o per costruire la bomba atomica. Quando Oppenheimer, direttore del team di scienziati che l’avevano realizzata, verificò gli effetti delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, dichiarò affranto: “Adesso la fisica ha conosciuto il peccato”. Ma non dice: “È diventata peccato!”.
MORONCINI
C’è un problema, in effetti, con la scienza moderna. La scienza antica, non so se sei d’accordo, non era scienza in senso stretto, la fisica di Aristotele non è scientifica nel senso che noi oggi attribuiamo a questo aggettivo poiché, eccetto matematica e geometria e solo in parte l’astronomia, per il resto – fisica e mondo del vivente – si basava sul primato della percezione sensibile e non sull’astratto linguaggio delle matematiche, rivelandosi impotente a piegare la natura a fini umani. La scienza antica rimane contemplativa, si limita a guardare. Il paradosso sta invece nel fatto che proprio la lingua dei numeri rende la scienza moderna operativa, le permette di intervenire sui processi naturali, di sfruttarne la potenza. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che quando la moderna scienza dell’atomo ha offerto la possibilità di tradurre la conoscenza teorica nella costruzione di armi di distruzione di massa, ciò sia stato fatto. Anche se, va detto, la scelta alla fine non è stata fatta dagli scienziati. È stata una scelta politica.
CAPACCIOLI
Una scelta politica che però gli scienziati hanno accettato, sebbene non tutti. La scusa fornita per motivare il lancio dell’atomica sulle due città del Giappone è stata che in questo modo gli americani avrebbero salvato un milione di vite perché la guerra si sarebbe interrotta. Ma, facendo un passo indietro, io concordo con la presentazione della ‘non scienza antica’, anche se in realtà di scienza di trattava. Forse non era coscienza, nel senso che le cose venivano apprese in modo abbastanza empirico, ma venivano comunque apprese. Quando gli uomini hanno imparato a mettere il carbonio nel ferro, inventando l’acciaio, hanno creato un qualcosa che poteva servire, ad esempio, a costruire le spade con le quali si potevano battere quelli che ancora utilizzavano armi di bronzo. La scienza, in realtà, esiste dal momento in cui l’uomo ha iniziato a porsi delle domande sulla natura, sul mondo esterno.
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