IL ROSSO E IL NERO
anno 1, numero 2, giugno 1992
editoriale
Nel primo numero de “il rosso e il nero” ha suscitato consensi soprattutto la formula, la cosiddetta griglia strutturale. Una rivista nitida, si è detto, che consente un approccio chiaro, una lettura conseguenziale ed anche un eventuale, altrettanto netto dissenso. Insomma: poco sughero nelle scelte e molta carne a cuocere, più o meno saporita secondo i gusti e i palati.
Ma di cosa si nutre questa ‘chiarità’? L’idea di fondo è quella, ribadita, per una letteratura colta e popolare, idea sviscerata di volta in volta attraverso i testi. Nell’ambito narrativo, ad esempio, c’è in questo secondo numero un’attenzione particolare verso i ‘generi’: i due pezzi brevi di Michele Serio sono l’uno un racconto di fantasmi, l’altro una narrazione che potrebbe definirsi di fantasy; Anna Maria Farabbi ha scritto due fiabe delicate, surreali, con tanto di morale più o meno dissimulata; Franco Dionesalvi ha mimato prima la follia linguistica di un disc-jokey da radio, poi quella non meno grottesca di dame e poeti in un medioevo stilnovistico di cartapesta.
Il fantastico, la fiaba, il comico: generi da sempre, per la loro specificità e per la loro diffusione, considerati minori, frutto d’astuzia, al più di nobile mestiere, con le dovute eccezioni a confermare la sacrosanta regola. Il tentativo operato qui è proprio quello di tirarli fuori, questi ed altri cosiddetti ‘generi’, da un ghetto autogratificante, proponendoli per ciò che valgono, senza comode e riduttive etichette.
Anche nei saggi si prova ad uscire dalle gabbie: la letteratura, attorno al tema del Silenzio, amplifica i suoi echi nel teatro e nella musica; e nell’ultima sezione, poesia e critica si affrontano specularmente, invadendo i rispettivi campi con oculato vampirismo (Della poesia non dire…, la nota di poetica di Tiziano Broggiato, è anche un secco, velenoso racconto breve). L’idea di una letteratura colta e popolare proviamo a concretizzarla così: mescolando le carte — con rigore, s’intende, con metodo —, servendoci di contenuti ‘alti’ e ‘bassi’; e di stili diversi, purché capaci di intrigare, spiazzare, sorprendere.
Edoardo Sant’ Elia