IL ROSSO E IL NERO
anno 3, numero 8, ottobre 1994
racconti brevi, pp. 22-27

Francesco Piccolo

Fogli foglietti e fogliettini

   Daniele aveva un problema: aveva più cose da fare della quantità di tempo che aveva a disposizione. Non è che facesse qualcosa in particolare, eppure da quando si svegliava la mattina fino a quando spegneva la luce la sera pensava ininterrottamente che il tempo correva troppo, che il tempo era poco, che aveva troppe cose da fare e non aveva abbastanza tempo per farle. Non è che facesse qualcosa in particolare, eppure pensava questo tutti i giorni. Tutti i giorni, tranne la domenica, perché la domenica era il giorno di riposo, e il tempo per un po’ si fermava. E allora lui ne approfittava, e cercava di recuperare un po’ su tutti gli arretrati accumulati durante la settimana. Un po’ recuperava, però poi durante la settimana successiva altri arretrati si accumulavano a quelli precedenti, e così ogni domenica gli riusciva di recuperare una fetta di arretrati sempre minore. Così tutte le domeniche.
   Tutto era cominciato con l’università. Quando prese a fare dei programmi di studio: si può dire anzi che non faceva altro. E aveva subito provato un piacere più grande di quello che aveva immaginato, svegliandosi il lunedì mattina e sapendo già cosa doveva fare per tutta la settimana. E così aveva desiderato di sapere come passare tutte le giornate della sua vita, scandendole con tratti di ore e con doveri nei confronti di se stesso. Cominciò a scriverli, addirittura, i suoi programmi: compilava degli schemi e provava un’eccitazione immensa nei giorni successivi mentre contemplava lo scema di avanzamento, di formazione, di metodo e organizzazione. Quasi sempre non riusciva a tener fede alle promesse, ma si accorse che gli importava poco: se così succedeva, era il momento di un programma nuovo, più adatto, ma di pari severità e lo ricopiava con pari gusto, spesso con pastelli colorati, usati a seconda degli eventi della giornata.
   La maggior parte delle volte, il programma non cominciava dal giorno seguente, casomai dalla settimana seguente, ma più spesso dal primo giorno del prossimo mese. E l’entusiasmo diventava irrefrenabile, perché per il resto di questo mese poteva vivere la vita che sognava: quella della domenica. Fino alla fine di questo mese era domenica tutti i giorni. Erano i momenti che sapeva godere meglio, quelli di passaggio e di attesa. Poteva fare ciò che voleva, ed era sempre in tempo. Il tempo, anzi si era fermato, e non aveva più perdite. Non aveva doveri, il programma non era iniziato e poteva sfruttare tutte le ore prima dell’arrivo del primo giorno del prossimo mese, quando doveva cominciare a studiare.
   Erano i giorni nei quali studiava di più. La libertà di non dover studiare lo spingeva a studiare, qualcosa, ad anticipare il programma, così da partire avvantaggiato. Tutto ciò che riusciva a fare, le pagine che riusciva a leggere erano tempo guadagnato rispetto ai giorni che sarebbero venuti, e questa situazione era per lui irresistibile. Era euforico: non aveva ancora cominciato, ed aveva già cominciato. Era domenica insomma. E lavorava quanto e come voleva, era fiero di se stesso e quando arrivava il primo giorno del mese successivo, sedeva alla scrivania e si accorgeva con stupore simulato che aveva già rosicchiato qualche giorno al programma fissato. Quindi il primo giorno di lavoro era un’altra domenica, perché ogni pagina era un ulteriore guadagno sui giorni successivi.
   Però, erano quelli anche i giorni del dovere. Intanto che recuperava qualche pagina sul programma dei giorni successivi, il programma guadagnava delle pagine su di lui, in pochi giorni perdeva terreno, vedeva il vantaggio assottigliarsi, il programma lo raggiungeva, lo affiancava, lo passava inesorabilmente. Era già in ritardo, e il primo piccolo ritardo lo debilitava definitivamente. Non sapeva passare in svantaggio. Pensava che doveva lavorare il doppio e allora lavorava la metà, e nemmeno, per ore si perdeva nel tempo, senza riuscire a fare più nulla, contemplando il programma che si allontanava: accumulava ore di distacco, poi giorni, fino a quando si accorgeva senza più salvezza che era giunta l’ora di un nuovo programma. E nel compilarlo con grafia rotonda e pastelli colorati, si liberava pian piano del senso di sconfitta. Nuovi traguardi lo attendevano, dal primo giorno del prossimo mese. Fino ad allora, era di nuovo domenica, e poteva anticipare qualcosa.
   Da allora, la programmazione divenne più accurata e cominciò a fare riferimento ad ogni ora della giornata. La vita di Daniele consisteva in una lotta contro il tempo esclusiva e continua. La sua giornata era occupata per intero dall’organizzazione della giornata per sfruttare il tempo al meglio. Perché aveva ormai imparato che per lottare contro il tempo bisognava essere ben organizzati. Aveva dei fogliettini tenuti insieme da una graffetta, e li teneva dentro un’agenda. I fogliettini erano della grandezza di un quarto di un foglio A4. Quando usava un foglio A4, poi non lo buttava, ma lo tagliava in quattro parti e usava il retro dei fogliettini per fare gli schemi. C’erano poi i programmi più articolati, ma non era un problema: il foglio A4 veniva diviso solo in due parti, o restava intero, in ogni caso poi veniva piegato tante volte fino a quando tornava della grandezza degli altri fogliettini, rientrava nella graffetta e quindi nell’agenda. Sull’agenda, poi, Daniele riportava quel che scriveva nei fogliettini, con scansione quotidiana.
   Segnava tutto quel che c’era da fare. Tutto. Ogni foglietto aveva il suo schema delle cose da fare entro quel giorno, entro quella settimana, entro quel mese; tutti gli impegni, e inoltre lo schema delle persone a cui telefonare, i pagamenti da fare capitoli da studiare, le informazioni da prendere, le piante da innaffiare, le cose da dire e da fare, i regali, le lettere da scrivere, i programmi televisivi e radiofonici da seguire, i libri da comprare, da leggere, i libri prestati e da farsi prestare, la contabilità, le cose da riordinare nella stanza, i compleanni e gli onomastici da ricordare, i sogni da registrare, le riflessioni da approfondire, le prospettive, i pro- getti a breve e lungo termine, le promesse fatte e ricevute con chi aveva fatto l’amore e quante volte, con chi avrebbe voluto fare l’amore, la lista degli amici e la lista dei conoscenti e le variazioni che la vita determinava in queste liste, le parole da usare, gli orari dei treni e degli aerei, le cose che amava, le cose che bisognava rifare o rivedere. Aveva anche una lista su un foglio A4 ripiegato in quattro parti che si chiamava “almeno una volta nella vita”; era una lista alla quale teneva molto, e nella quale aveva scritto, tra l’altro: Maradona, motocicletta, prostituta, tuffo da scoglio alto, smoking, Formula Uno, Fiesta de Pamplona, albergo cinque stelle, Rio de Janeiro, Carmelo Bene, Olimpiadi, Scala, India, crociera, S. Gimignano, castelli della Loira, “II barbiere di Siviglia”, Dolomiti, Palio di Siena, donna di colore, sciare, tatuaggio, Leningrado, Concord, deltaplano (forse), Cinecittà, ed altre cose ancora.
   Come si può immaginare, tutto questo costava a Daniele grande fatica. Perché poi ogni fogliettino aveva le sue combinazioni, ma poi su un altro fogliettino scopriva che c’erano nuove combinazioni, e su ogni fogliettino, e poi sull’agenda, c’erano da eliminare le cose già fatte o da non fare più, oppure aggiungerne altre nuove, allora doveva ricopiare e ricombinare i fogliettini eliminando i vecchi – quando era possibile, altrimenti bisognava tenere anche quelli.
   Certo, tutta la sua vita, ma proprio tutta, era organizzata su quei fogliettini, e questo gli permetteva di procedere razionalmente. L’unico intoppo era che la composizione stessa dei fogliettini sottraeva molto tempo a quel che i fogliettini stessi indicavano, e che bisognava fare. Purtroppo il tempo non si fermava intanto che Daniele organizzava come spendere il tempo, e questa era il problema.
   Per esempio: se ricopiava in bella scrittura i nomi delle persone da sentire in giornata e i nomi delle persone da sentire entro la settimana – in cui diligentemente ricopiava anche quelli da sentire in giornata ‒ ecco che squillava il telefono, ed era Paola, ma lui era impegnato a ricopiare i nomi, e diceva che l’avrebbe chiamata appena avesse finito la lista; tornava alla scrivania, e continuava la lista, aggiungendo ora il nome di Paola sia alle telefonate da fare quel giorno sia a quelle da fare entro la settimana.
   Poi, se a Paola la richiamava o non la richiamava, questo è un altro discorso.
   Eh sì, perché man mano che il tempo passava, si era aggiunto un altro problema: la vita, tutta la sua vita si era posata diligentemente sugli schemi dei fogliettini, e poiché c’era tutta, era finita che stava li, e basta. Cioè, per Daniele era diventato più importante scrivere sulla lista delle persone da chiamare entro oggi ed entro la settimana: “chiamare Paola” che poi chiamarla per davvero. Quei fogliettini erano nati affinché ricordasse tutto della vita, non gli sfuggisse più nulla. Però poi era finita che tutto quello che arrivava sui fogliettini veniva dimenticato, diventava prigioniero dei fogliettini, a volte a lungo e a volte per sempre, ed esisteva perché passasse da uno schema all’altro fino al giorno in cui, per una sorta di disperazione sorda che il tempo aveva procurato all’appunto fino a non fargli trovare posto in nessun altro schema, veniva relegato ad un fogliettino stropicciato in fondo alla pila, dal titolo “cose da eliminare”. Restava li per molto tempo, fino a quando veniva depennato per davvero, dopo molti dubbi e tentennamenti, tentativi di recuperare l’appunto alla vita, e la resa finale. Era cosi una preoccupazione – una preoccupazione finta – in meno, sostituita da un’altra decina di nuove preoccupazioni finte.
   Qualche volta poi, ma sempre più raramente ormai, faceva per davvero una delle cose da fare, ma poi non aveva nessuna importanza, e se aveva importanza era perché procurasse un’altra serie di appunti. Se finiva per chiamare davvero Paola, insomma, parlava di lei meno di un minuto perché non aveva tempo, e in meno di un minuto gli riusciva di procurarsi un’altra serie di cose da appuntare: chiamare Giovanna sorella di Paola, informarsi chi ha in vendita una Vespa 50 (per Paola), comprare settimanale inserzioni, volere più bene a Paola (metterla negli inviti a cena), eccetera.
   Daniele lottava così contro il tempo. Disperatamente. Non faceva più nulla, perché non aveva abbastanza tempo, “avrei bisogno di tanto tempo per tutte le cose che dovrei fare” era la frase che ricopiava sempre per prima negli aggiornamenti del fogliettino delle riflessioni, e poiché non aveva abbastanza tempo per fare tutte le cose che doveva fare, non ne faceva nessuna.
   Pian piano, Daniele si è accorto che la sua lotta contro il tempo è persa. Se ne è accorto, ma fatica ad accettarlo. Ultimamente, ha un fogliettino sopra tutti gli altri su cui ha scritto:
   – Smettere di scrivere sui fogliettini
   – Smettere di scrivere appunti
   – Vivere
   Ogni giorno ricopia questi propositi sull’agenda. In bella grafia.