IL ROSSO E IL NERO
anno 1, numero 3, ottobre 1992
saggi: il Tempo, pp. 42-50

Giulio de Martino

Le forme del tempo
Scrittura e montaggio della narrazione e della Fiction

Già, il presente non si può andare a cercare né sul calendario né sull’orologio, che si guardano solo per stabilire la propria relazione al passato o per avviarci con una parvenza di coscienza al futuro. Io, le cose e le persone che mi circondano siamo il vero presente. Il mio presente si compone di vari tempi anch’esso, ecco un lunghissimo presente: l’abbandono degli affari. Dura da otto anni. Un’inerzia commovente. […] Certo, gran parte del mio presente proviene dalla Farmacia. Incominciò tale presente in un’epoca che non saprei precisare, ma fu ad ogni momento tagliato da medicinali e concetti nuovi. i

   Nella narrativa di Italo Svevo il tempo è il vettore del processo di dissoluzione del racconto: la narrazione precipita tenendo dietro al dinamismo irreversibile degli eventi verso una fine presentita e imanente già nel principio. Il tempo, creatura infida, va per la sua strada e crea di continuo equivoci e trappole per gli uomini, sospinti dai loro fatui desideri verso continue illusioni. Si pensi alle vicende de La coscienza di Zeno o del Vecchione con Zeno Cosini preso nel gioco di specchi del passato e del futuro. Ogni sua azione è il manifestarsi buffo, ma tragico e paradossale, della ingovernabilità e della imprevedibilità del divenire.

Il tempo intanto corre, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un’attimo, neppure per un’occhiata indietro. – Ferma, ferma! – si vorrebbe gridare, ma si capisce ch’è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi; e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano inerti, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai. ii

   Dino Buzzati ha dedicato il suo più bel romanzo all’apparire di quel crinale, di quel confine invisibile al di là del quale il flusso tumultuoso e potente del tempo giovanile si trasforma di colpo nella fuga irreparabile delle ore e dei giorni. Il tempo si rende percepibile solo quando ha la nostalgica profondità del passato o l’intensità di un flusso irraggiungibile: allora diventa racconto. Lo scollarsi del tempo della narrativa italiana dalla rappresentazione del Tempo della Storia a partire dagli anni ’60 (con Buzzati, Berto, Calvino, Tobino…) diventa ricerca di una pluralità di tempi più reali e profondi, individuali e cosmici, ardenti o gelidi, per tracciati narrativi che sono, a guardare bene, ancora oggi attuali. iii

    Come ha osservato Italo Calvino, nella seconda delle sue Lezioni americane, la letteratura compie il doppio movimento di creare un tempo alternativo a quello ordinario – un tempo che ci fa evadere dalla ineluttabilità del divenire – e di offrire una sorta di specchio magico con cui il tempo reale, ancorché deformato o ribaltato, può essere esplorato o simbolizzato. iv
   
Alessandro Cappabianca (come Gérard Genette) amplia il discorso e distingue tre livelli della temporalità che scorrono, intrecciati, nel corso della fruizione di un’opera d’arte : il Tempo diegetico o narrativo, che è il tempo interiorizzato con vari espedienti nel contenuto del racconto, del dramma, del film, in generale della Fiction: un tempo che può essere il distillato di ore, giorni, secoli. Questo tempo viene a crearsi nella mente del lettere o dello spettatore guardando un film, assistendo alla rappresentazione di un dramma. Insieme a queste due dimensioni temporali il lettore avverte il passaggio del Tempo dell’essere: è il tempo reale che scorre al di qua e al di là del testo. E’ il tempo che si intravvede, oltre il testo, nella lontananza della realtà e che si intreccia, come un’alga, alla lettura recandoci fantasmi e messaggi sull’autore, su cose dette o non dette nel libro, accendendo sincronie, relazioni, fantasie nella mente del lettore. Il tempo dell’essere rappresenta anche il cosiddetto “lavoro della morte” che erode inesorabilmente il tempo della rappresentazione e della fruizione. E’ il tempo dello scrittore, ma anche dello spettatore e del lettore: un tempo che il testo nega e nasconde. Infatti nel testo autore e lettore si trovano come sospesi del loro destino: l’autore si metamorfizza nella figura del Narratore mentre lo spettatore e il lettore vanno ad occupare il loro comodo posto nella navicella che percorre il Limbo dell’immaginazione. 

    Per Jorge Luis Borges il tempo narrativo si identifica con l’intera storia della letteratura ed appare sotto la forma di un labirinto: ogni testo si inserisce nella scacchiera infinita dei testi e ogni libro non ha senso se non in riferimento alla selva dei libri passati, presenti e futuri. L’idea che la scrittura si realizzi nel rigiocare tutta intera la letteratura accomuna scrittori diversi come Borges, Calvino, Sciascia. vi 

    Invece nei racconti brevissimi, quasi fulminanti, di Max Aub o di Julio Cortàzar la brevità del tempo di lettura condensa il contenuto con un procedimento che è analogo a quello attuato dagli spots pubblicitari nei confronti del tempo narrativo cinematografico. La brevità del racconto cattura una immagine inquietante del tempo: 

Si è saputo di un commesso viaggiatore al quale cominciò a dolere il polso destro, esattamente sotto l’orologio, il sangue sprizzò: la ferita mostrava il segno di alcuni denti acuminatissimi. vii

   L’ossessione del tempo, la ricerca di una sincronia fra lettura e scrittura che saldi autore e lettore è tipica anche dei racconti brucianti di Max Aub: l’effetto di shock è legato proprio alla limitatezza del tempo di riflessione sulla lettura:

Uccise la sorellina la notte della Befana per tenere tutti i giocattoli per sè. viii

   Nella Meta-letteratura, letteratura sulla letteratura, il tempo del racconto viene dilatato oltre il confine del testo verso un tempo globale a cui appartengono tutte le opere, nella Micro-letteratura, all’opposto, si condensano al massimo il tempo narrativo e il tempo di lettura per tendere al lettore la trappola della sorpresa e il tempo diventa il coefficiente dell’ansia, il tempo della fine.
   La letteratura che si confessa con la totalità e la multitemporalità che sono proprie del sistema dell’informazione e della televisione è la realtà dei nostri tempi. L’interscambiabilità dei generi, la confusione dell’attuale e del remake, generano una sorta di cosmo virtuale di tutti i fatti narrativi: è il cosmo della Fiction che assorbe via via tutti i generi letterari e artistici e inaugura una forma unificata di fruizione per letteratura, cinema, Tv, fumetto ecc. Oggi la testualità è posta sotto il segno del tempo narrativo della Fiction. Se la letteratura moderna si limitava ad alterare il rapporto fra tempo reale e tempo narrativo, la Fiction post-moderna lavora soprattutto sul tempo di fruizione e lo pone come tempo decisivo e condizionante degli altri due. Ciò provoca tensioni anche molto forti fra i livelli della temporalità: si pensi ai Serials televisivi che protraggono per anni la fruizione di eventi che, nella realtà, dovrebbero durare pochi giorni o, all’opposto agli Spots pubblicitari che condensano in 30 secondi lots di accadimento di giorni e giorni. Il Tempo di fruizione è diventato così l’ossatura del testo in questo rappresenta la realtà, anch’essa virtuale, del Lettore, dello Spettatore. Realtà della massima importanza in quanto il Lettore è il bersaglio del consumo e dell’informazione e va, ad ogni costo, blandito, raggirato, sedotto e inchiodato alla grammatica del testo: al suo tempo.
   Non si tratta, però, di un tempo semplice: esiste un forte condizionamento sociale ed economico che ne scandisce il ritmo le articolazioni. Il sistema dell’Informazione regola i tempi della produzione e del consumo: la Fiction, lungi dall’essere soltanto un nuovo Genere letterario è diventata un vero e proprio principio modulare della produzione e del consumo di immaginario e di cultura che annulla le differenze e gli specifici linguistici verso una medialità indistinta.

   La funzione della Fiction nel nostro mondo temporale è duplice. Da un lato essa crea una temporalità alternativa: è il tempo virtuale, un tempo ciclico (e quindi reversibile) che si sostituisce al tempo ordinario creando delle oasi di tempo limbico in cui il divenire viene sospeso: tempo dell’immaginario divertimento, del sogno ad occhi aperti. Ma d’altra parte la Fiction tende a innestare il tempo alternativo della narrazione nel regolamentato della fruizione di massa e nei suoi ritmi e cicli di consumo e di moda. Tanto l’autore di Fiction che lo spettatore devono produrre e consumare secondo cicli, ritmi e tempi che sono imposti dal sistema dell’Informazione e del mercato. E’ la logica del Best-seller e del Serial, dell’Attuale e del Riciclato che impone i suoi meccanismi e i suoi principi organizzativi. La Fiction istituzionalizza così il Tempo del consumo finendo col recidere ogni apporto fra il tempo narrativo e il Tempo dell’Essere. 

Pensa come è falsa la scrittura, con quella sua prepotenza implacabile fatta di parole definite, di verbi di aggettivi che imprigionano le cose, che la scandiscono in una fissità vitrea. […] Così è la scrittura, che ha la capacità di allontanare di secoli il presente e il passato prossimo fissandoli. Ma le cose sono diffuse, e per questo sono vive, perché sono diffuse e senza contorni c non si lasciano imprigionare dalle parole. ix

   Il barocchismo di un autore come Antonio Tabucchi si compendia in questa apologia letteraria della non-letteratura. Se Calvino, modernamente, esplorava le macchine narrative per quello che erano in sé e le metteva a nudo nella scrittura, Tabucchi, formalista dolente, fa letteratura denunciando il “male del secolo” della letteratura: l’aver creato della falsa vita. Ma anche lui scrive griffando i luoghi e gli oggetti nel testo.

   Il tempo virtuale è un peculiare tipo di Tempo narrativo: dura tanto quanto il tempo di fruizione, ne esorcizza la limitatezza e, soprattutto, congloba in sé il Tempo dell’essere, trasfigurandolo. Il tempo virtuale è identico al tempo reale solo che è un tempo artefatto! Il tempo virtuale rende infinita la fruizione, la rende ciclica, come confondere il testo con la realtà attraverso continue immissioni di frammenti di reale nella Fiction (marchi, luoghi, personaggi noti etc.). Cosa sia diventata la narrazione ad opera della Fiction lo sappiamo soprattutto dalla televisione, che è il contenitore ideale per la fruizione standardizzata, per commercializzazione dell’attenzione, per l’ibridazione di realtà e immaginazione.
   Fino a qualche decennio fa la manipolazione del tempo con la commistione di tempo del reale e tempo narrativo era riservata solo alla Fantascienza (detta appunto: Science-Fiction). La Science-Fiction, però, dichiarava scopertamente le dimensioni e limiti del suo tempo narrativo scaturito dall’alternazione delle leggi finzionali e la creazione di Universi virtuali. x
   
La Fiction attuale, invece, punta a confondere le carte cercando l’effetto di “realtà” dell’interno della finzione: un rapporto non limpido fra i diversi livelli del tempo e la gerarchia di tempo reale, tempo di consumo e tempo di finzione che ne risulta alterata. Se il tempo trascendente dell’epos, il tempo storico del romanzo, il tempo denso attualizzante del racconto mantenevano con il tempo dell’essere – tempo reale e storico – un rapporto dialettico ed aperto, questo non può dirsi del tempo virtuale della Fiction che diventa una sorta di tempo doppio del tempo reale, un tempo speculare e meduseo che cristallizza gli eventi ei personaggi: un tempo iper-reale. xi

   Il punto archimedico della scrittura di Fiction è il montaggio. Per montaggio non intendiamo la semplice operazione del montatore cinematografico o televisivo che taglia e incolla spezzoni di pellicola. Il montaggio, nella Fiction, è il procedimento mediate il quale viene manomessa la temporalità: grazie ad esso si creano catene di eventi del tutto artefatti, si inventano così nessi causali inverosimili e li si rende invece plausibili. La Fiction, nel cinema, nella narrativa, nella televisione, si appropria del principio base della narrativa – una narrazione non è una descrizione xii – e lo usa per manipolare il divenire e creare effetti imprevedibili scena dopo scena, parola dopo parola, pagina dopo pagina. Un buon testo di Fiction, un buon soggetto, deve proporre concatenazioni di causa-effetto e di prima-poi strabilianti, impupazzare i personaggi con dettagli riconoscibili al pubblico, creare continuamente emozioni gradevoli o sgradevoli che siano, martellare il fruitore con sensazioni impreviste ottenute impiegando tutti i codici e gli stili custoditi nel Gran Bazaar dei Media: questo attraverso taglio e montaggio. Se la riproduzione del movimento e poi del divenire, storico e psicologico, è stata la nuova frontiera dell’arte dell’Ottocento e del primo Novecento – dai Lumiére a Tolstoj e a Proust – la Fiction si propone di inventare il divenire, di inventare il tempo attraverso il montaggio: è il tempo virtuale di un mondo finzionale. 

Tracy parlava, regolava la radio, rideva dei miei gesti obliqui attorno ai mocassini. Mi colpiva la sua capacità di fare i movimenti giusti, ruotare il volante e azionare le frecce, cambiare marcia, regolare la radio e allo stesso tempo condurre una conversazione, anche se molto superficiale. Mi interrogava, si guardava la faccia nello specchio retrovisore. Si guardava una porzione di faccia: un occhio, un sopracciglio. Ogni tanto smetteva di parlare e con lo sguardo fisso su un cartello o segnalazione stradale passava da un flusso all’altro di fanali nel buio. xiii

   Questa di de Carlo è narrazione che fa il verso alla televisione. È Fiction verbale. II lettore si rispecchia nell’immagine e nei dettagli: è lo spazio-tempo di chi vive in un mondo televisivo. La letteratura non diverge più dall’esperienza originaria né per forma né per contenuto. Lo scrittore cerca di inchiodare il lettore al libro con la stessa maniacalità con cui la televisione impone la sua fruizione. E così che la testualità di Fiction congloba autore e fruitore nel medesimo contesto pragmatico, nel medesimo sistema temporale. La verità del tempo virtuale, del tempo montato dallo scrittore pezzo dopo pezzo, è che esso non costituisce un tempo narrativo, ma un mero tempo di fruizione: è il tempo e il ritmo regolatore della produzione e del consumo. A questa riduzione della narrazione a montaggio si è giunti gradualmente: autori come Edgar Allan Poe, H.G. Wels, H.P. Lovecraft sono stati il momento di passaggio da una letteratura che interiorizza e anticipava il cinema e la tecnologia ad una letteratura obiettivamente spiazzata e travolta dall’industria dello spettacolo.

   Da alcuni decenni si è sempre più affermato lo stile di scrittura unificato fra TV, cinema e narrativa, uno stile che predispone il passaggio di un’opera letteraria dalla pagina allo schermo senza bisogno di laboriose riduzioni o adattamenti. E lo stile che abbiamo definito: Fiction. Le sue caratteristiche principali sono la virtualità e il montaggio, ciò che ne risulta è un mondo virtuale – o semi reale – e una temporalità drogata dall’accumulo di eventi e di segnali che mirano a stimolare costantemente il lettore, a tenere la sua attenzione sempre artificiosamente desta. E’ uno stile che contagia scrittori diversi, si pensi ad Andrea De Carlo o Pier Vittorio Tondelli. Uno stile che cerca di risultare incalzante, efficace, divertente come il cinema o la Tv, ma che manca di ironia verso se stesso. De Carlo sceglie come protagonista un fotografo, Tondelli, in Rimini, un giornalista, quasi a esplicitare la chiave di lettura visivo-funzionale degli operatori del settore, attraverso i codici delle loro macchine fotografiche o da scrivere. La letteratura dà quello che prende: tempo. Significativa è, cosi, la pubblicazione come feulleton estivo su “il Corriere della Sera dell’ultimo lavoro del campione della Fiction italiana Tiziano Sclavi, Il nemico:

A Buffalora, una donna giovane andò a dare da mangiare alle galline. Loro se ne stavano in un angolo del pollaio riunite e non s’accorsero quando lei le chiamò e incominciò a gettar la meliga tritata in terra. “O dico avete la luna?” Le galline la guardavano silenziose. Lei si avvicinò, fece qualche gesto brusco dicendo: “Sciò sciò”. Ancora per un po’ le galline non si mossero. Poi una le volò in faccia e le affondò il becco in un occhio. (Corsera del 17-8-’92)  

   Il linguaggio è sciatto, al limite della sgrammaticatura, l’azione è violenta e posticcia: siamo nel tipico della Fiction. Nulla da dire su Sclavi autore di fumetti, ma la narrativa è un’altra cosa.

   Il lettore spesso cerca nel testo, e quindi nell’autore, un tempo più libero e una esperienza che spezzi l’ineluttabilità dei cicli del consumo organizzato. L’autore, a sua volta, è spinto, per non vedere prosciugata la sorgente stessa della sua creatività – che è l’esperienza autentica di sé e del linguaggio – a inventarsi delle condizioni di lavoro e delle forme dello stile che mettano in crisi il tempo virtuale che la Fiction ha instaurato sistematicamente. Un autore che marca una differenza nei confronti della tendenza fictionale è Marco Lodoli. La sua potente ironia, lo straniamento beffardo sconnettono la tecnicità e la gergalità del linguaggio ed aprono spazio e tempo al racconto. Anche lui ha scritto un romanzo che è stato ripreso dalla cinematografia, ma da posizioni di forza, senza subalternità, con una struttura interna che lentamente si dilatava fino a coprire il mondo:

Nel finestrone s’incastrava un paesaggio che nessuna cartolina al mondo accetterebbe: un pullulare rovinoso di villette tutte diverse, ognuna con l’ambizione di avere un suo stile, magari solo per un dettaglio, gli archetti moreschi o le finestrelle gotiche, l’ingresso coloniale o i leoni di pietra sul garage, e molte però nemmeno finite, lasciate all’inverno che se le rode a poco a poco. Nello spelato giardinetto di una, marciva il verde di un tavolo da ping. pong […].Più in là, sotto mezz’ettaro di cartelloni dei film dell’altra estate, c’era un chiosco di bibite e granite spaventosamente aperto. xiv

   Ci sono anche i cultori dello specifico letterario, che cercano di ripristinare una testualità intraducibile nella Fiction, che coltivano il virtuosismo sintattico e verbale, che difendono il tempo della scrittura e della lettura, si pensi, cose molto diverse fra loro, a Aldo Busi o a Tabucchi. Se esiste la disperazione dello Scrittore, che vede svanire al sole il mondo della letteratura, esiste anche la disperazione del Lettore, che smarrisce continuamente il senso del suo leggere. Si veda quanto racconta Gianni Celati nel suo I lettori di libri sono sempre più falsi. E un mondo popolato da due specie di esseri umani: quelli che leggono e quelli che guardano, e fra di loro non c’è comunicazione. Gli uni leggono e si appassionano, gli altri che fiutano l’odore delle illusioni che riempiono la testa di quelli che leggono i Libri “sono abilissimi a vendere libri agli altri che, un po’ alla volta, come loro, non li leggeranno più”. E così Celati compendia il paradosso dello studente di letteratura che cercava di capire “cosa volessero dire i libri”:

Scrivere è un modo di consumare il tempo, rendendogli l’omaggio che gli è dovuto: lui dà e toglie, e quello che dà è solo quello che toglie, così la sua somma è sempre lo zero, l’insostanziale. xv

Italo Svevo: Il mio ozio, in Racconti, saggi, pagine sparse, Dall’Oglio, Milano 1968, p. 435
ii Dino Buzzati: Il deserto dei Tartari, in Romanzi e racconti, Mondadori, Milano 1975, p. 184
iii cfr. Claudio Marabini: Gli anni Sessanta, narrativa e storia, Rizzoli, Milano 1969
iv Italo Calvino: Lezioni americane, Garzanti, Milano 1988
v Alessandro Cappabianca: tempo narrativo e tempo dell’essere, in “Filmcritica” N. 420, dicembre 1991
vi cfr. Jorge Luis Borges: Storia dell’ eternità e Il tempo e J.W. Dunne, in Opere, vol. I, Mondadori, Milano 1984; Leonardo Sciascia: Il Consiglio d’Egitto, Einaudi, Torino, 1963, Cronachette, Sellerio, Palermo 1985; Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Einaudi, Torino 1919
vii Julio Cortazar: Storie di cronopios e di fama (1962). Einaudi, Torino 1981, p. 14
viii Max Aub: Delitti esemplari, (1957), Sellerio, Palermo 1981
ix Antonio Tabucchi: Piccoli equivoci senza importanza Feltrinelli, Milan 1990, p. 64
x cfr. Isaac Asimov e altri: La galassia di Asimov, Urania 1186, agosto 1992. È l’interessante esperimento, a più mani, di creare da poche regole fondamentali un universo virtuale coerente. Più ampiamente vedi: R. Sholes, E.S. Rabakin Science Fiction, Oxford University press 1977: R. Giovannoli: La scienza della fantascienza, ed. I’Espresso 1982
xi cfr. Eugene Minkowski: II tempo vissuto, Einaudi, Torino 1917; Jean Baudrillard Le strategie fatali, Feltrinelli, Milano 1984
xii cfr. Gerald Prince: Narratologia, Pratiche editrice, Parma 1984
xiii Andrea De Carlo: Treno di panna: Einaudi, Torino 1981, p.7
xiv Marco Lodoli, Silvia Bre: Snack bar Budapest, Bompiani, Milano 1987
xv Gianni Cellat: Quattro racconti sulle apparenze, Feltrinelli, Milano 1987