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IL ROSSO E IL NERO
anno 8, numero 16, ottobre 1999
poesia e critica, pp. 84-89

Rinaldo Caddeo
“La sconfitta”

DISSOLUZIONE

in alto, se la nuvola tocca la cima
della montagna, nasce un vortice che sale

s’arrampica a un dorso
contorto del vuoto,

piega di lato s’infila
in un canalone solleva

un imbuto di bianco furioso
in cui non si distingue

che cosa sia di nube
che cosa sia di neve

s’avvicina all’ improvviso
cede, vanisce nell’azzurro…

in basso, dal parapetto del ponte, il fiume
è come il pavimento di una stanza

completamente levigato
poi scopri increspature sotto il ghiaccio

vedi bolle catene di mulinelli la testa
di una bambola un rovo

trascinati dove tutto si consuma
in una scia rovente

ma in mezzo alla corrente
c’è un’altra corrente

che va controcorrente
apre il costato del fiume

s’incaglia nel pilone
dove s’incrociano

le vie traverse sbanda
genera un gorgo

LA FELICITA

camminando per la via
l’ho vista davanti

né grande né piccola
né bella né brutta

né visibile né invisibile
era li dietro un cancello

RIMORSI

è il fumo che ritorna dalla finestra
riaccende il mozzicone spento nel portacenere

riforma la sigaretta la mano che la porta
alla bocca la prende dal pacchetto

lo apre lo compra entra nel bar esce
di casa scende le scale apre la porta

è un misto d’ossa pelle cenere
che risale dalla terra e cammina

è un ammasso di rovine
che si solleva e ridà luogo al tempio

NOSTALGIA

non è nemmeno una voce
ma un soffio doloroso

che viene la notte dalla strada
l’eco di un boato sordo minerale

rimasto impigliato ai rami
ai chiodi dei muri

(c’era un viso che si piega
e un velo ricopre

tutti scappati gli abitanti
dei falò ancora accesi)

credi di essere tu
questo andare a rotoli

ma sono loro
se non ci fosse

non si potrebbe fermarlo
condividerlo

le dita al davanzale
di una limpida disperazione

salgono con la luce
non ascoltano ciò che dici

in altre parole
diventano un altro giorno

L’IMMAGINE

sempre ritorna l’immagine
rabbrividisce alla foglia

che su lei riposa per un
dito di vento che la sfiora

si torce sull’asfalto
va in mille schegge

se un’automobile
le passa sopra ma non scompare

l’immagine ritorna sempre
riaffiora dalla piuma della luce

allo specchio cupo della pozzanghera
con la quiete della superficie

si ricompone restituisce
uomini case nubi

ancora esaudisce
la vanità delle cose concrete

basta un filo di corrente
l’ago di un volo

rondine ramo o grido
si disfa sempre l’immagine

FRENESIA

non è in pieno sole
ma dietro negli angoli semi

chiusi del mondo (le cantine
i solai le cripte) dove

una luce arriva di tenebre
intrisa (piuma dispersa

fiato dell’inverso) e danza
con gli atomi impazziti

raggio di sole orizzontale
del tramonto ultimo guizzo

in cui anche un fuscello
vuole gettare

un’ombra infinita
e gli stormi dello spazio

nel bicchiere mezzo
vuoto sembrano riposare

ALBA

 in fondo alla notte
lo stesso grido

troppo forte
per essere udito

il dito della luce
in arrivo

DICEMBRE

battito d’ala ramo commuove
sillaba un sole di balbuzie

cadono da gemme delle gocce
fiori d’ombra sbocciano luce

guizza un’ala sale la pelle d’oca
dalla pozzanghera alla tua mano 

PROGETTI

nel triangolo rettangolo
s’è infilata una lepre di vento

con la coda traccia solchi vizi
barattoli di fili d’erba strappata

architravi capitelli frontoni
alberi volti di sfingi