IL ROSSO E IL NERO
anno 8, numero 16, ottobre 1999

editoriale

   Si chiude con questo albo, il sedicesimo, l’avventura editoriale de “il rosso e il nero”, nata a Napoli nel ’92 – anzi nel 91, con “Sette incontri attorno ad un idea di letteratura colta e popolare”, sorta di numero zero della rivista. Poi, dal ‘92 al ‘99, sedici numeri in otto anni, millecinquecento pagine circa di letteratura italiana contemporanea.         
   Non è mai mutata la formula: dodici autori in ogni numero – tre narratori, tre saggisti, tre poeti accompagnati da tre critici – ed un tema portante, esaminato saggisticamente con taglio interdisciplinare e presente in maniera più sfumata nelle altre sezioni. Mentre narratori e poeti hanno pubblicato come tali un’unica volta, saggisti e critici sono presenti anche con vari pezzi nei rispettivi ambiti; a parte ciò, spesso gli autori si sono espressi in più sezioni, misurandosi con tecniche diverse. La gabbia strutturale, lungi dall’impedire la massima duttilità espressiva, ha significato soprattutto due cose: identità e continuità.  
   Identità: una rivista riconoscibile, dal profilo preciso, ma non riconducibile ad alcuna concezione letteraria aprioristica o a qualsivoglia poetica di gruppo. Continuità: e nelle uscite, attraverso il rispetto delle scadenze, e nella progressione tematica e stilistica, fino a configurare un’opera unitaria in tanti capitoli, come i grani di un’unica collana, una rivista a puntate la cui intima coerenza, oltre che all’interno di ciascun albo, giunge a compimento con l’attuale ultimo numero.     
   Nessuna malinconia, dunque, in questa chiusura, prevista fin dall’inizio: è semplicemente la fine di un percorso. “il rosso e il nero” non voleva essere la rivista di una vita, ma piuttosto il radar, l’osservatorio – personalissimo ed assieme organizzato – in grado di evidenziare alcune idee, alcune linee, alcuni autori cosiddetti ‘giovani’ degli anni ’90, il tutto, citando la chiusa all’editoriale del primo numero, “senza mitizzazioni superflue ma anche con ragionevole entusiasmo”.

Edoardo Sant’Elia