IL ROSSO E IL NERO
anno 7, numero 14, ottobre 1998
poesia e critica, pp. 68-72
Alberto Bertoni
da “Tatì”
1
Cima ventosa di deserto
dall’uno all’altro sole
furoreggia come fatto di stagione
Fugge la voce
al davanzale troppo noto
glicine secco, orto
di là più vivo
sanguina l’aria
ridendo
2
Quest’anno che va il nero
– Refosco, soprattutto, e Marzemino –
bevo a un tuo bacio piccolino
asciutto di polvere e di vento
Coda lucida, vetro
nel sabato di marzo
gioca tutto la mano
sul cruscotto e dopo
leggerissimo sbalzo
3
Neanche un piccolo bar
aperto sul nostro
veloce appuntamento
ma un campari ci vuole, lo penso
meglio da fermo, qui, nel silenzio
…
Davanti a tua sorella
ieri sera ti ho preso
gesto breve la mano
nel mio Natale ateo
acceso di nient’altro
a Gianni D’Elia
Pericolanti robinie
e peri al loro posto
la città cambia faccia
– assediata non vuole
grani a pranzo di sabbia
Stanno fuori anche i cani
tutto il bianco dell’aria
– Nevicherà domani –
si dice da più parti
ma in pianura non nevica da anni
Il muro blu del mare, Gianni
a Pesaro è impedito
tubi ovunque, ruggini, rottami –
e noi poche parole, quel silenzio
nella lingua che adesso ci accomuna
ça suffit, se alle corse ci entro
in anticipo e pagando
giuro che stavolta te lo rubo
lo sgambo di Flambard riarso
il trotto sulla curva in controtempo…
5
Anche una ditta di traslochi, col tuo nome
nella corsia di mezzo sul furgone veloce
non solo parrucchiere e fruttarole
absit iniuria e meglio
delle mille salottiere che frequento
ma il tuo nome troppe volte lo vedo
in caratteri strani quando non ti penso
per le strade del caos, nei vicoli del centro
Nome ebraico perfetto
pronuncio ripetendolo all’indietro
con l’A d’inizio e fine
pura ansia aspirata
…
Neanche l’eco si salva
delle lettere a chiasmo
vecchie targhe d’Ancona
e di Napoli insieme
due o tre mostre
una brutta Firenze
e se qualcuno chiede
oggi ancora nessuno
mi chiami
6
Cerco di essere allegro
presagio di cristallo sul tuo fiordo
aprile senza tregua, lume di ricordo
dal nido inaccessibile del sonno
avviso al navigante
– quando sei sveglia, dormo
Dorme anche il tuo cane
con la cometa ha fatto pace
tenace ansimando fino al cielo
di latta e vetro sporco
Sembra cosi felice
la barba sul petalo, il coagulo del sangue
siamo cosi felici
nel rumore di foglie suggerito dal vento
la magnolia col fiore
o per passione
tu che ti fumi il mondo, io che lo bevo
7
Sfumi là, sul filo di crinale
oggi solo la curva del viale
dov’erano le mura
Nel medesimo allarme, da questa
invisibile porta
scattavano a maggio i corridori
e chissà se di voci o motori
trapassa anche adesso il grido muto
in tutto il labirinto di canali
fra San Pietro e le Morane
Io non so se quel giorno
rallentavano uguali
le Ferrari di legno
il bulldog in giardino
non bruciavano i semi sul vetro
di un caldo anticipato
Soprattutto non so
che tagliatelle ci aveva preparato
la nonna col mio nome
e se di niente, di cielo o cos’altro
avevamo parlato
8
Mia madre non è uno scoiattolo
né un topo, ergo
di lei non posso parlare
con leggerezza o schifo
Mia madre al massimo piange
quando sono lontano
e con gli anni, le ore, peggiora
pensa che io non vivo