IL ROSSO E IL NERO
anno 5, numero 11, aprile 1996
poesia e critica, pp. 78-82

Patrizio Dimitri

“Fisiologia domestica”


    
I.    Riflessioni

Quando osservo
l’effetto personale
delle mie lente riflessioni
l’immagine ha l’ottica improbabile
del sogno ricorrente
la coreografia oscillante
nella superficie dello specchio
in cui si cela
tutto ciò che sfugge
ad ovvia conclusione.
Se l’incantesimo si rompe
sono sette anni di guai.

    II.    Quando un quadro scompare

La pittura di questi quadri
attinge il suo colore
dall’universo volatile
delle vernici.
L’accostamento delle tinte
e la disposizione
cambiano sulla parete
con le stagioni del gusto
o per desiderio
effimero di novità.
Quando un quadro scompare
dalla sua antica residenza
una finestra di muro
è quello che rimane.

    III.    Esperienze aromatiche

La mia cucina
è la dimora accogliente
del cibo
la stanza indispensabile
del nutrimento
officina alimentare
dove antiche esperienze
aromatiche convivono
per stuzzicare il gusto
esigente del palato.
Nella stagione degli aromi
origani salvie rosmarini
sacrificano
la loro essenza disperata
per la causa romantica
del condimento.

    IV.    Circostanze opache

Ridondante e rarefatta
vacilla la memoria
ruggine grigia fugge
attraverso le crepe del cranio
rimestando in circostanze opache.
Apparentemente sono
refrattario al taccuino
e ciò disgusta la platea.

    V.    Foresta genetica

Questa abitazione
è il regno incontrasto
della polvere
il punto d’incontro
di rare specie di insetti
bianca dimora diroccata
zona archeologica
di pertugi e feritoie
ferite di finestre
capanna eteroterma
eredità materna
foresta genetica
in cui cresce
l’albero genealogico
la linea ramificata
della discendenza.

    VI.    Patologia della parete

Quando chiudo la porta
abbandono
il residuo mattutino del sonno
lascio alle spalle la natura
femminile della casa
tracciata in metriquadri
la patologia della parete
che perde un liquido mortale.
Così la chiave segna
sigilla per nuove ore ancora
il teatro delle nostre gesta
un gesto finale del catenaccio
chiavistello musicale
sul suo grido scontato
l’effetto ottico speciale
del terzo occhio
incastonato nella porta.

    VII.    Riaffiorano

L’appartamento era
un episodio dimezzato
una bianca trincea domestica
la terra disperata il punto
della traiettoria bellica
escluso da ogni geografia.
Riaffiorano le tracce
dell’ultimo inquilino
ferite estinte voci
tornano alla luce
calligrafie notturne
strati della malinconia
la fauna ipogea dei cassetti.
In questa vana escursione
ripeto a ritroso
azioni simulate
classifico con cura
le archeologie del nulla
segni gesti resti
fossili del silenzio
statue di sale
della convivenza.

    VIII.    Case popolari

L’istituto delle case popolari
aveva l’apparenza di un’oscura
macchia architettonica
minaccia sospesa malattia
del tessuto domestico.
Io ero il corpo congelato
la bianca ossatura
abusiva in trasparenza
il volto che decade
stereotipo del nulla.
Nell’intercapedine dell’occhio
l’esterno è ancora luogo
geometrico del tempo
di spazi e prospettive
di leggi fisiche
che vengono a mancare.