IL ROSSO E IL NERO
anno 4, numero 10, ottobre 1995
poesia e critica, pp. 52-57
Massimo Giannotta
“In caso di involontario naufragio”
AVVISO
IN CASO DI INVOLONTARIO NAUFRAGIO
LA SOCIETA ARMATRICE
DECLINA OGNI RESPONSABILITA
PER L’EVENTUALE PERDITA DI VITE UMANE
Ouverture
Accanto
ai fragili legni
e l’esitante bussola,
ai fragili legni
tra noi e l’abisso,
sono amiche le stelle
le decrepite stelle
dimenticate stelle senza voce
gettate là
nel drappo della notte.
Lettera alla regina lontana
‘Amie, duce creature,
Estes vus ceo? dites mei veir:
Laissez mei vostre cors veeir,
La ceinture dunt jeo vus ceins’
‘Amica, creatura dolce.
Voi proprio siete? Ditemi il vero;
Lasciatemi vedere il vostro corpo
E la cintura di cui io vi cinsi’
Marie de France, GUIGEMAR
Ti prego, dolce regina
di tornare
dai nebbiosi orizzonti boreali
d’acquarello celeste
a cui l’inquieto cuore
ti condusse
scavalcando
col piede arcuato
gli azzurrati monti
ed i verdi coltivi, lieve vento,
i borghi sfiorando
e sonnacchiose magiche foreste.
C’è chi
disteso
in una bara petrosa
sognando aspetta
e lontano, gli pare,
in un mare assopito
di spingere lo sguardo
e di contare i tramonti
e ancora
le aurore di contare
ed i tramonti
perdutamente aspettando.
L’approdo di Avalon
(Semplice poesia delle ragioni dell’annegato)
Uomo in mare!
(Antico grido marinaresco)
Dopo
che sopra la faccia
il mare mi ero tirato
come
il grande Cesare fece
con la povera toga trafitta
risucchiato
in un gelido vortice
dolcemente io sprofondavo
veleggiando verso arcani fondali
blu profondo
come la notte
tra titaniche
frane di massi
verso mete silenziose e incantate
verso acque
profonde ed immote
dove tutto infine riposa.
Intorno all’isola aspra
che il grecale di novembre spazzava
mai
il funebre lenzuolo del mare
più sontuoso fu
ed argentato.
Troppo infine
di me è già morto,
troppo grave è il suo peso alla fine
per sottrarmi
a un abisso profondo
a cui, in cuore, mi sono affidato
per sottrarmi
al sogno funereo
in cui un poco tace il dolore
per indurmi
ancora a solcare
sotto il pallido sole autunnale
con la tela ubriaca di vento
il gran dorso amaro del mare.
Canzone di Ariel della nera nave
a W.S.
E il bisbiglio
io odo
di sommesse voci
nella nera nave sprofondata
che ancora traccia
con l’intatta poppa
lievi curve aggraziate.
Nella nera nave che dorme
di un infinito sonno
dove
agghindata da vita
è questa morte.
E noi,
fantasmi
inevitabilmente siamo
che passeggiano assorti
lungo corsie allagate
e dalla grande ferita
distolgono la faccia,
imbastendo ancora
galanterie spettrali,
funebri amori
a lieve passo di danza,
in cave sale che ha occupato il mare.
Dichiarazione di poetica
Sia solo
limpido pensiero
conseguente collana.
Sia
lampo di luce.
Se puoi
opera grande.